Scritto da: Luca Gelli - Categorie: teoria e armonia

Swing e shuffle: i portamenti ritmici derivati dai tempi composti

Cosa si intende con il termine swing? Cosa è lo shuffle? In quanti modi possono essere declinati i significati di queste due parole? Proviamo a fare un pò di chiarezza su un argomento che spesso genera confusione.


Il dilemma dello swing e dello shuffle

Devo ammettere che l’argomento è scivoloso, se non addirittura pericoloso da trattare! Ho parlato molte volte con i miei amici batteristi chiedendo delucidazioni su cosa intendono con il termine swing o shuffle e quali sono le differenze tra le due definizioni e tra i due portamenti. Le risposte sono state varie e tutte motivate da fattori tecnici di vario tipo. A volte l’argomento sembra sconfinare nella metafisica! Quindi so che devo stare molto attento… :-). Cercherò nei limiti del possibile di attenermi ad elementi di tipo tecnico che però, premetto, non riusciranno ad essere esaurienti ed esaustivi, dato l’argomento. Adesso che ho fatto le mie premesse salvavita, ci provo.


Lo swing

La parola swing può essere intesa come un genere musicale o come un portamento ritmico. Gli anni delle grandi orchestre americane che suonavano nelle ballroom sono definiti l’era dello swing, periodo in cui veniva identificato appunto come il genere di musica da ballo, inoltre lo swing inteso come portamento è sicuramente uno dei tratti caratteristici del jazz tradizionale. Ma lo swing è anche una dicitura tecnica che riguarda un certo portamento ritmico. Come modulo metrico può essere riferito sia agli ottavi che ai sedicesimi, anche se in quest’ultimo caso più spesso viene usato il termine shuffle.

Lo swing in senso lato può essere definito come un modo di relazionarsi al tempo. La cellula ritmica portante è un derivato della terzina di ottavi, la otteniamo unendo i primi due ottavi della terzina stessa.

Cellula ritmica dello swing

Nel file audio che segue potete ascoltare la cellula ritmica dello swing alternata ad un quarto, come scritto nella battuta finale della figura che avete appena visto. Con tutti i limiti che può avere questa spiegazione, questa battuta rappresenta lo schema ritmico che viene suonato dal batterista sul piatto di accompagnamento. Infatti mentre il batterista rock / pop porta il tempo solitamente su cassa, rullante e charleston, il batterista jazz porta il tempo essenzialmente sul piatto. In questo esempio il metronomo è in 4/4.


Tenere il tempo sul 2 e sul 4

E’ importante fare una precisazione sul metodo di conteggio, o se preferite sull’impostazione del metronomo. Un tempo swing in 4/4 viene contato ponendo l’accento sul secondo e sul quarto movimento, cioè sui tempi deboli della battuta. Nel prossimo file audio potete ascoltare la cellula ritmica dello swing dell’esempio precedente, questa volta però il metronomo batte, come si usa dire nel gergo, “sul due e sul quattro”.


Il jazz waltz

Esistono anche molti brani del repertorio jazzistico in 3/4 swing, il cosiddetto jazz waltz. In questo caso il modulo ritmico di base è questo


Ascoltiamo qualche esempio

Ascoltiamo alcuni brani che ci possono dare un’idea generale del portamento swing. Impossibile non citare Frank Sinatra accompagnato dall’orchestra di Count Basie, questa è The Best Is Yet To Come.

La prossima è una registrazione più recente, in cui potete sentire una rivisitazione del brano Wonderwall degli Oasis, qui in versione big band swing cantata da Paul Anka.

Per farci un’idea di come possa essere sviluppato lo swing in 3/4 ascoltiamo Alice In Wonderland, qui nella versione del 1961 di Bill Evans, registrata live al Village Vanguard.

Esistono anche esempi di portamento swing su metriche meno usuali. Questo è il celebre standard jazz Take Five, di Paul Desmond, spesso erroneamente attribuito a Dave Brubeck. Il titolo è dovuto proprio al fatto che il brano è in 5/4.


Lo shuffle

Definire lo swing è un impresa ardua, ma probabilmente definire lo shuffle è ancora più difficile. Dobbiamo ricordarci che le parole e le definizioni sono limitate rispetto a quello che vogliamo descrivere. Generalmente il termine shuffle viene usato per indicare un portamento ritmico, sebbene sia un tratto caratteristico del blues classico. Diviene una definizione di genere quando al termine shuffle viene affiancata la definizione del genere di riferimento, creando diciture come blues shuffle o funk shuffle per esempio.

Dal punto di vista strettamente ritmico può essere riferito sia agli ottavi che ai sedicesimi. Iniziamo a parlare dello shuffle portato sugli ottavi.

Codificando la cellula ritmica di base arriviamo in realtà allo stesso risultato dello swing, dato che si basa sempre sulla terzina di ottavi, ma il modo di portare il tempo è diverso. Vediamo alcune possibilità facendo riferimento alla batteria.

Nel prossimo esempio la cellula shuffle è suonata sul charleston ed è disposta su tutti i movimenti, la cassa è sul primo e terzo movimento e il rullante sul secondo e quarto.

Adesso invece ascoltate lo stesso tempo, questa volta però il charleston è in quarti, il rullante è sempre sul secondo e quarto movimento mentre la scansione shuffle è data dalla cassa.

Anche in questo caso alcuni esempi presi dalle registrazioni per cercare di dare al nostro ragionamento un senso musicale più concreto. Iniziamo da un blues classico rivisto in chiave moderna: Sweet Home Chicago, un brano di Robert Johnson del 1936, nella versione presente nella colonna sonora del film The Blues Brothers del 1980.

Anche il brano Cold Shot di Stevie Ray Vaughan è un ottimo esempio.


I sedicesimi shuffle

Differente è il discorso per lo shuffle basato sui sedicesimi. Dal punto di vista della suddivisione si tratta di creare l’andamento derivante dalle sestine di sedicesimi (o dalle doppie terzine a seconda delle scuole di pensiero) mentre gli ottavi restano pari.

Cellula ritmica sedicesimi shuffle figura 1
Cellula ritmica sedicesimi shuffle figura 2

La differenza si avverte quindi sull’elemento che porta i sedicesimi, di solito nella sezione ritmica è il charleston della batteria, oppure il groove della chitarra, o quello del basso, o ancora una combinazione di alcuni di questi elementi. Nell’esempio audio potete ascoltare un tempo suonato da una batteria elettronica in cui la cassa suona sul primo e terzo movimento, il rullante sul secondo e sul quarto, il charleston suona i sedicesimi shuffle.


Come già detto per lo swing, anche lo shuffle può essere utilizzato su metriche diverse, come nel celebre brano Money dei Pink Floyd, in 7/4.


Conclusione

Abbiamo trattato sinteticamente un argomento delicato e che si presta a varie interpretazioni e poche certezze. Al di la dell’aspetto tecnico riguardante le cellule ritmiche derivanti da terzine e sestine, torno a dire che come sempre la musica fortunatamente va al di la delle nostre possibili spiegazioni. In ogni caso spero di aver comunque chiarito alcuni aspetti di carattere generale sulla questione swing vs. shuffle.

Per andare più in profondità il consiglio è quello di ascoltare e studiare i groove di batteria, almeno nella loro struttura principale, facendo riferimento ad una serie di brani storici, come quelli citati in questo articolo. Alla fine di questa pillola di teoria sulle affinità e divergenze tra lo swing e lo shuffle voglio ringraziare Pepe Bonanno, un ottimo batterista e soprattutto un amico, con cui mi sono potuto confrontare, che ha risposto alle mie domande e che mi aiutato nella stesura di questo pericoloso articolo. 🙂

Ciao e alla prossima!

fine
Luca Gelli -