Indaghiamo ed analizziamo 6 possibili modi di tenere il plettro e le conseguenze in termini di timbro, tecnica e utilizzo.
Creiamo la nostra impostazione
Come tenere il plettro? Ma che domande! Semplicemente come è scritto nei vari manuali di tecnica definitiva, no?
E se non fosse così? Vi è un grande numero di chitarristi mondiali ed abilissimi che sono pronti a distruggere il concetto di impostazione univoca della mano destra.
Tenere il plettro è una questione personale
Nell'era di YouTube l'impatto visivo della tecnica dei musicisti che ascoltiamo è notevolmente cresciuto. Questo processo è iniziato sicuramente nel periodo di diffusione di VHS prima e DVD didattici poi, ma negli ultimi anni è decisamente esploso.
Già dalle prime apparizioni in TV di Pat Metheny o di George Benson, in ambito jazz, così come di campioni di sound elettrico hard and heavy come Van Halen, Friedman o Malmesteen, si capiva che vi erano tante strade possibili da percorrere.
Al giorno d'oggi, con la crescente nuova presenza di chitarristi di alto livello a portata di click, balza all'occhio la diversità di impostazione e la scelta di come tenere il plettro di ognuno di loro.
Se ne stiamo parlando qui ed in questi termini, evidentemente nessuno di loro ha davvero qualcosa di sbagliato.
L'indagine sulla meccanica della chitarra moderna va avanti inesorabile ed apre sempre nuovi spiragli.
La mia questione personale sul plettro
Per anni sono stato ossessionato dall'idea di trovare un'impostazione perfetta su come tenere e il plettro mantenerla. Da ragazzino sono partito abbastanza bene sulla plettrata alternata, magari a causa dei miei ascolti Rock e Metal.
Avevo però fatto male i conti con la musica: per anni ho associato un concetto di giustizia tecnica o stilistica a quanto fossero ordinare e precise tutte le plettrate alternate che facevo.
In realtà non lo erano mai davvero tutte e c'era sempre qualcosa che mi mancava, ma non capivo cosa fosse.
Prestare attenzione alla musica
Questa mia carenza era dovuta principalmente a due motivazioni diverse ma collegate.
La prima è che non avevo approfondito ed apprezzato il legato così come avevo dato retta a ciò che mi veniva più semplice, cioè plettrare
La seconda, molto più importante, è che non prestavo davvero attenzione alla musica, ma solo alle mosse che dovevo fare. Terribile errore.
Credevo che una volta deciso come tenere il plettro dovessi solo incasellare una serie di movimenti uno dietro l'altro. In realtà sarebbe corretto, ma bisogna partire da un'idea di sound!
Un giorno ho capito, con stupore e poi con gioia, che dovevo semplicemente suonare.
L'autodeterminazione sonora
Piano piano mi sono reso conto della diversità di impostazione di molti chitarristi che frequentavo.
C'erano diversi insegnati, amici, compagni di studio, colleghi di corso e tutti avevano un sound unico diverse su come tenere il plettro e come usarlo.
A volte questa diversità di impostazione era minima, poichè effettivamente vi è una sorta di strada maestra della tecnica del plettro. Altre volte, invece, l'impostazione era diametralmente opposta.
Eppure, estendendo la questione anche agli ascolti internazionali, quasi tutti i chitarristi che analizzavo convergevano su uno stesso punto: un buon sound, chiaro e comunicativo.
Si! Perchè effettivamente la tecnica è un suono. Intendo dire che una delle principali mission che un musicista deve avere è quella di rendere al meglio le sue idee musicali con i mezzi di cui dispone.
Siamo tutti diversi!
Partiamo dal presupposto che tutti siamo fisicamente diversi, dal punto di vista oseeo, tendineo, muscolare, neurologico e via dicendo. Cervello, mani, e cuore sono i nostri principali mezzi, più di pedalini, profiler ed acceleratori di particelle vari.
Tenere il plettro è un'azione che subisce decisamente la compartecipazione di questi fattori fisici e di conseguenza ci serve essere flessibili con noi stessi per formarci al meglio. Può capitare che un musicista debba impiegare mesi di studio a cercare di suonare qualcosa che a noi viene molto comodo e viceversa.
L'apprendimento uditivo, visivo e cinestetico
E' molto importante conoscere i principali processi di apprendimento che ci permettono di affinare la nostra tecnica.
Come già detto, partendo dal presupposto che l'impatto visivo sulla didattica della musica è notevolmente aumentato, non resta soltanto l'apprendimento uditivo.
Entra in gioco l'apprendimento visivo, cioè che quello che ci permette di imparare qualcosa direttamente da come vediamo.
Ovviamente collegato all'apprendimento visivo vi è quello cinestetico, cioè quello legato al movimento. Nel nostro caso stiamo ovviamente parlando del movimento del plettro, che parte appunto da come si tiene.
Quante volte abbiamo imparato qualcosa dopo che ci è stato detto "guarda come faccio io", oppure "prova a muoverti così".
Probabilmente l'apprendimento cinestetico, unito a quello visivo, sta alla base delle tecniche artigianali. Non mi dite che noi chitarristi non siamo artigiani del nostro suono!
Mixare gli stili di apprendimento
Questo è certamente il primo punto che bisogna prendere considerazione prima di tuffarci nell'analisi di 5 possibili impostazioni su come tenere il plettro.
I tre processi didattici sono strettamente collegati ed intrecciati e spesso possono essere usati con funzione di controllo.
Se, ad esempio usando l'apprendimento cinestetico, siamo convinti che un movimento del plettro, sia buono ma il suono che ne deriva non ci piace, dobbiamo usare le funzioni dell'apprendimento uditivo per correggerci.
Se non riusciamo a capire come viene generato un tipo di suono che piace e vorremo riprodurre, possibilmente sarà necessario ricorrere all'apprendimento visivo per controllare cosa succede.
Reputo personalmente che sia importante non essere completamente schiavi di nessuno di questi tre stili di apprendimento. Lo step di miglioramento e versatilità di un chitarrista, sta nel riuscire a mixarli bene.
Fidarsi sempre di chi ha più esperienza di noi
Non dobbiamo però usare con presunzione questo senso creativo e personale di trovare la propria impostazione. Solitamente un maestro che ci dà lezioni, o un collega con 15-20 anni di esperienza in più di noi, possono aver valutato tantissime volte gli argomenti sui quali noi abbiamo ancora dei dubbi.
Molto spesso il vantaggio di chi ha più esperienza di noi è quello di aver maturato uno o più punti di vista ad ampio raggio. In secondo luogo, può fornirci utili suggerimenti per costruire, cambiare, migliorare il nostro modo di vedere le cose. Se non la nostra coscienza riguardo al plettro non inizia ad essere solida, non scegliamo presuntuosamente strade sulle quali non possiamo ancora camminare. Saremo costretti a tornare indietro, abbastanza scontenti.
Il bambino e l'adulto
Una volta un'insegnante mi disse questo:
"Se tu fossi un bambino di 5 anni ti direi di non camminare da solo per strada. Non avrei dubbi a tal riguardo immaginando la visione del mondo che avresti, ancora lacunosa.
Se tu fossi un ragazzo di 16 anni, lo stesso divieto non avrebbe lo stesso effetto. Magari potrei suggerirti di fare attenzione ad alcune piccole cose.
Se tu fossi un uomo adulto, non potrei fare altro che lasciarti fare ciò che reputi più opportuno per te, consapevole della tua maturazione personale. "
Resto affascinato dall'idea che quando ci interfacciamo con quesiti di ambito musicale e didattico, dovremmo essere sempre un po' il bambino ed un po' l'uomo adulto.
6 possibili modi di tenere il plettro
Dopo questa doverosa premessa, vi illustro le mie riflessioni sui 6 possibili modi di tenere il plettro.
I nomi usati e gli esempi che farò sono frutto della mia personale interpretazione. E' da chiarire che voglio dimostrare come si può suonare, non solo come si può plettrare. Di conseguenza cercherò di fare anche degli esempi di improvvisazione in cui suono liberamente utilizzando vari tipi di plettrate e legati. Possiamo eseguire prove con ogni tipo di plettro a prescindere dal suo spessore e della sua flessibilità.
#1 - Posizione principale - Tappo di bottiglia
Questa è una delle più comuni impostazioni per tenere il plettro. Pollice e indice stringono il plettro più o meno come quando devono fare ruotare il tappo di una bottiglia. Chiaramente il movimento non sarà identico, ma ciò che accomuna le due cose è la gobbetta che si crea piegando il pollice verso l'interno.
Si genera solitamente una inclinazione del plettro di 45° rispetto alle corde. Per non cambiare l'angolo di impatto con le corde è bene avere un movimento diagonale sul cambio corda. Dovremmo dunque spingere la mano leggermente avanti ogni volta che scendiamo di corda e viceversa.
E' una plettrata largamente utilizzata in vari ambiti. Molto utile nel rock e sui distorti, ma ottima anche per clean e suono acustico.
Solitamente l'attacco è netto ed il suono più o meno pungente e carico di alti. Ho impiegato questa plettrata come unica soluzione per tanti anni.
#2 - Posizione principale - Plettro rovesciato
Questa impostazione non varia eccessivamente rispetto alla precedente in termini di impugnatura. Varia molto, invece, in termini di timbro. Solitamente è una delle più comuni alternative in ambito jazz per addolcire l'attacco sul suono clean. Rovesciando il plettro, infatti, andiamo colpire le corde con la parte più smussata che non presenta punte.
Principalmente la parte alta del plettro è infatti pensata per fare presa sotto al pollice ed ha, nei modelli più comuni, due angoli smussati ai lati.
Noi decidiamo di usare uno di questi due angoli smussati come se fossero la vecchia punta del plettro. Grazie alla sua rotondità ci consente di sentire meno l'attacco e magari non restare incastrati tra le corde. L'impugnatura del plettro resta quella tra pollice ed indice. Potrebbe essere utile confrontare già queste due impostazioni su basilari rudimenti.
#3 - Lo snap - Pollice e medio
Due grandi chitarristi mi hanno sorpreso con questa impostazione.
Sto parlando del gigantesco Eddie Van Halen nel rock, e del bravissimo e moderno Mike Moreno nel Jazz.
In realtà le meccaniche dei due sono molto diverse ma la cosa in comune è tenere il plettro tra pollice e medio.
Questa posizione mi ricorda il gesto dello snap, cioè dello schiocco delle dita.
Molto spesso può capitare che il dito indice della mano destra si posizioni davanti al plettro quasi a stabilizzarne il movimento.
Solitamente preferisco usare l'angolo smussato come nel caso 2, del paragrafo precedente. Tuttavia questa è una mia scelta: la punta può andare benissimo ugualmente.
Se ci riferiamo a sonorità clean e inerenti al Jazz, possiamo analizzare come questa impostazione possa dare una certa dose di swing al nostro fraseggio.
Lo swing, inteso come dote ritmica intrigante, chiaramente non deriva solo da come teniamo il plettro.
Una parentesi sul pick-slanting
L'ultimo modo di tenere il plettro finora descritto sembra favorire l'attenzione verso il pick-slanting. Con questo termine si indica l'inclinazione del plettro rispetto alla corda, non l'angolo di impatto come esaminato nel caso 1 dell'articolo. Modulando il pick-slanting verso il basso o verso l'alto abbiamo notevoli benefici sul cambio di corda.
Probabilmente nella posizione che definisco snap position il controllo del pick-slanting è più intuitivo perchè il polso si alza leggermente creando un maggiore spazio d'azione. Solitamente questa impostazione proietta la faccia del plettro verso il basso quando scendiamo sulle corde e verso l'alto quando torniamo indietro.
Nir Felder sembra combinare spesso i primi tre casi analizzati ed il relativo pick-slanting.
#4 - Il Gettone - Alla Pat Metheny
Questo modo di tenere il plettro è uno dei più singolari. Mi fa pensare all'idea del gettone che viene inserito dentro ad un distributore automatico. Il plettro è tenuto tra pollice e indice, o pollice indice e medio, ma impugnando davvero una minima superficie di esso. In questo modo è come se fosse quasi totalmente esposto e tocca le corde con la punta. Si noti come sembra una variante meno stabile del primo caso del tappo di bottiglia.
Astraendo, potremmo anche pensare ad una piuma passata sulle corde. Questa plettrata sfrutta notevolmente la tecnica del legato poichè, nella maggior parte dei casi, va a pizzicare la corda quando serve. Pat Metheny, nella sua immensa singolarità, ha una tecnica molto simile e che ha destato spesso molto scalpore. E' una plettrata che può essere sia forte che leggera e, se combinata con una buona tecnica di legato, rende sonorità interessanti.
#5 - Posizione interna - Plettro nascosto
Anche questa posizione può essere intesa come variazione del primo caso riportato. Si annulla la gobba di cui parlavamo nel primo caso posizionando il plettro più vicino al palmo della mano. Questo avviene portando il pollice molto più avanti rispetto all'indice. In questo modo, infatti, il plettro sembra quasi andare a nascondersi ed assume una posizione più parallela alle corde. Annullando la gobba, si riduce molto l'angolo d'impatto approssimativo di 45°.
Se pensiamo alle corde come la superficie dell'acqua, il plettro sembra comportarsi come un timone. Si muove su e giù in base a dove il polso decide di tirarlo modificando leggermente l'inclinazione sul cambio di corda. John Scofield ha adottato spesso un modo simile di tenere il plettro. Può essere molto utile per esprimere un sound pieno se suoniamo poche note ed un certo swing. Come il caso del tappo di bottiglia, può agevolare la tecnica del palm muting.
#6 - Plettro di taglio - Reverse
Quest'ultima posizione che descrivo è largamente utilizzata da alcuni dei migliori plettratori jazz ma non solo. George Benson è uno di questi. Deriva da una notevole capacità di torsione del pollice e dalla conseguente posizione del polso. L'obbiettivo è quello di colpire la corda con il taglio del plettro opposto a ciò che finora abbiamo riscontrato: ecco perchè Reverse. Questa soluzione offre alcuni vantaggi: un suono netto ma controllato e compresso, nessuna variazione dell'angolo di impatto sul cambio di corda, una predisposizione naturale a risalire. E' come se fosse un modo di tenere il plettro orientato al ritorno verso l'interno, verso il nostro petto. Suonano in questo modo anche Adam Rogers e Isaiah Sharkey.
Per quanto riguarda la compressione del suono, specialmente in termini di accompagnamento ritmico, Cory Wong esprime benissimo questo concetto.
Ho sempre avuto l'impressione che questa impostazione dia il sound più bilanciato per registrare una ritmica funky.
Plettriamo come vogliamo
Per semplicità didattica gli esempi basilari forniti nel video sono ad una velocità medio-bassa e tutti plettrata alternata. Onestamente non suonerei quasi mai così, infatti si potrà notare quando espongo il tema di un blues.
Si tratta di Sandu, un celebre jazz blues composto da Clifford Brown e reso celebre da Wes sulla chitarra. Viene naturale usare legati, economy picking, sweep picking e qualche alternata ogni tanto. Siate curiosi e creativi dunque!
Non ho proposto questo materiale come se fosse una prova di abilità o di atletica, ma uno sguardo su alcune possibilità da scegliere e poi coltivare ed approfondire. Personalmente in questo periodo del mio chitarrismo uso molto una di queste posizioni: lo snap.
Sono molto affascinato dal suo swing e dal suo suono.
Restiamo sempre flessibili
Come ho detto all'inizio dell'articolo, ho iniziato a fare questa ricerca nel corso degli anni per capire come migliorare le mie lacune. Mi sono reso conto che la cosa veramente importante è sviluppare, con il giusto criterio, la propria idea di suono. Di conseguenza la ricerca potrebbe essere ancora più approfondita e portarci alla scoperta di tante altre possibili impostazioni.
Mentirei se dicessi che riesco a padroneggiare e con la stessa qualità tutti questi modi di tenere il plettro.
Il grande traguardo che ho raggiunto, però, è quello di essere flessibile ed avere la capacità di cambiare quando serve. Immaginiamo ad una session di registrazione, una lezione dove devi imitare una impostazione particolare per risolvere dei dubbi, uno strumento che non ci è familiare,ecc.
Studiare è modificare.
Sforzarsi di andare contro la nostra iniziale natura, ci fa scoprire cose nuove e migliora le nostre caratteristiche primarie da cui siamo partiti.