La cadenza II V I, sia di tipo maggiore che minore, è sicuramente una delle più frequenti all’interno dei vari generi musicali, ma soprattutto nel jazz. Di seguito troverete 5 frasi semplici da applicare durante le vostre improvvisazioni.
Quando ci addentriamo nel mondo della chitarra jazz, uno dei primi ostacoli che dobbiamo oltrepassare è la rinomata cadenza II V I. Questa può essere sia di tipo maggiore che minore: in questo articolo faremo riferimento alla seconda tipologia, ma se volete invece studiare delle frasi sul II V I maggiore cliccate qui.
Nonostante sia un argomento di studio che ognuno di noi si porta dietro per tanto tempo, senza mai arrivare a una vera e propria conclusione, vi propongo 5 frasi semplici che potrete utilizzare già dopo pochi minuti.
Prima di iniziare, ecco qua la backing track sul quale esercitarvi durante lo studio di queste idee.
Breve contestualizzazione teorica del II V I minore
Prima di addentrarci nello studio delle 5 frasi semplici da applicare sul II V I minore, è fondamentale capire da dove provenga questa cadenza. Innanzitutto va specificato che non utilizzeremo solamente accordi provenienti scala minore naturale, ma andremo a sfruttare anche l’armonizzazione della scala minore armonica. A differenza della scala minore naturale, la scala minore armonica presenta sul quinto grado un accordo di dominante, essenziale nel fornirci la giusta tensione prima di arrivare all’accordo risolutivo.
Dobbiamo prendere il primo e il secondo grado della scala minore naturale, e il quinto grado della scala minore armonica. Negli esempi che andremo a vedere saremo in tonalità di DO minore, quindi i tre accordi saranno Dm7b5, G7 (b9) e Cm7.
Inoltre, questa sequenza non è casuale, ma ha un fondamento teorico: i tre accordi appartengono infatti a tre diverse aree tonali, che corrispondono ad altrettante funzioni armoniche (preparazione, tensione e risoluzione).
Chitarra alla mano: siamo pronti ad affrontare le 5 frasi semplici sul II V I minore!
Partiamo dalla fondamentale dell’accordo
Nella prima delle 5 frasi semplici che vi propongo, iniziamo suonando su Dm7b5 la scala di RE locrio, che altro non è che la scala di DO minore naturale suonata partendo dal RE.
Su G7 la frase inizia dal suo terzo grado, la nota SI, per poi proseguire diatonicamente utilizzando la scala minore armonica di DO.
Concludiamo la cadenza suonando il SOL, quinto grado di Cm7. Semplice ma efficace!
Partiamo dalla terza dell’accordo
Nel secondo esempio che affrontiamo, suoniamo stavolta a partire dalla nota FA, terzo grado di Dm7b5. Dopo aver evidenziato i toni guida del primo accordo (FA, LAb e DO) scendiamo con la scala per atterrare sempre sul SI, terzo grado di G7.
Sull’accordo di dominante suoniamo in senso discendente la scala minore armonica di DO, dirigendoci proprio verso la fondamentale di Cm7.
Su l’ultimo accordo, semplicemente suoniamo le note della triade minore: DO, SOL e MIb.
Inseriamo approcci cromatici
In questa terza frase dedicata al II V I minore, ci spostiamo in un registro più alto: saper muoversi con libertà in diverse zone della tastiera è di fondamentale importanza.
Sul primo accordo partiamo stavolta dalla settima minore, per cambiare sonorità al nostro fraseggio. Se partissimo sempre da un grado specifico, dopo un po’ le nostre improvvisazioni risulterebbero sicuramente ripetitive.
Su G7 suoniamo inizialmente l’arpeggio diminuito di LAb, partendo però dal RE: questo ci permette di evidenziare la quinta giusta, la settima minore, e soprattutto la nona bemolle di G7. Sappiate infatti che in un II V I minore, solitamente l’accordo di dominante viene inteso già in partenza con la nona bemolle come grado aggiuntivo.
Sull’accordo di dominante inseriamo per la prima volta i così detti cromatismi. Prima di suonare la nota SI, terzo grado di G7, suoniamo infatti la nota che sta un semitono più basso, ovvero il LA#. La stessa cosa succede quando dal FA vogliamo andare al MIb, terzo grado di Cm7, sfruttando il MI naturale di passaggio.
Su Cm7 suoniamo la triade minore partendo dalla terza e in senso discendente (MIb, DO, SOL) e concludiamo la frase utilizzando note della scala.
Iniziamo le frasi in punti diversi della battuta
In questo quarto esempio, la frase non inizia in battere sul primo movimento della battuta. Per evitare di essere troppo prevedibili, far cominciare le frasi in punti diversi della misura può essere una validissima strategia.
Ci muoviamo nel II V I minore sfruttando ciò che abbiamo visto negli esempi precedenti – cromatismi, triadi e scala minore armonica – fino ad approdare su Cm7, dove le cose si fanno più interessanti.
Per prima cosa, risulta evidente lo spostamento orizzontale sulla tastiera che inizialmente ci può mettere in difficoltà. Uscire dal blocco geometrico dal quale inevitabilmente ogni chitarrista deve passare, è a mio parere un aspetto necessario per essere capaci di improvvisare più liberamente.
Inoltre da metà terza battuta in poi, notiamo che è stata inserita una triade maggiore di SOL (SOL, SI, RE) durante la linea melodica. Per aumentare le possibilità melodiche di un accordo risolutivo, e quindi in un certo senso anche statico, utilizziamo le note appartenenti all’accordo di dominante, in questo caso G7, per creare tensione aggiuntiva al nostro fraseggio. È come se noi suonassimo su CmMaj7, anziché del classico Cm7, tant’è che a volte il II V I minore viene suonato proprio così.
Inseriamo le terzine e altre cellule ritmiche
Siamo dunque arrivati all’ultima delle 5 frasi semplici sul II V I minore. In questo esempio utilizzeremo tutto ciò che abbiamo visto nelle frasi precedenti, aggiungendo qualche extra.
Già nella prima battuta spunta fuori una terzina, attraverso la quale suoniamo l’arpeggio di Dm7b5, mentre su G7 inseriamo invece una breve sincope.
Un’altra cellula ritmica molto utilizzata è quella presente sul primo movimento della terza battuta: come risultato sonoro può sembrare simile alla terzina, ma attenzione a non confonderle.
Inoltre nelle ultime due battute è messo ancora più in evidenza il concetto espresso nel precedente paragrafo, ovvero pensare e suonare CmMaj7 su Cm7.
Consigli per lo studio del II V I minore
Il consiglio principale che voglio darvi è quello di non studiare il materiale in maniera frettolosa: cercate di apprendere una frase alla volta, provando di volta in volta a implementarla nelle vostre improvvisazioni.
Inoltre sentitevi assolutamente liberi di cambiare le diteggiature da me inserite: se vanno bene per me, non è detto che vadano bene per voi!
Infine, provate a suonare le stesse frasi in diversi punti della tastiera, e soprattutto in altre tonalità. Senza fretta, aggiungete una tonalità o una posizione in più: vedrete che in poco tempo sarete in grado di muovervi con maggiore scioltezza.
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L’importanza dell’ascolto
Consiglio extra: se volete studiare la chitarra jazz, non trascurate uno degli aspetti più importanti, ovvero l’ascolto. Ascoltare i grandi del passato, non solo quelli che suonano il nostro strumento, è l’esercizio migliore che si possa fare. Due musicisti che spesso suonano in maniera semplice, armonicamente parlando, possono essere Chet Baker e, per rimanere sulla chitarra jazz, Charlie Christian. Ovviamente non fermatevi a questi due, ne esistono tanti altri da cui possiamo sicuramente imparare molto.
Buono studio, alla prossima!