George Benson, uno dei chitarristi più talentosi, controversi, interessanti e trasversali della storia del jazz compie 80 anni.
Dotato di un grande talento precoce ed una tecnica personale e fluida, Benson è sicuramente uno degli artefici dell’ammodernamento della chitarra jazz in termini di sound, apertura ai generi pop e persino tecnologia chitarristica a partire dagli anni ’70.
Benson possiede anche della grandi capacità vocali e le sue performance canore hanno sicuramente consacrato maggiormente l’artista nella scena jazz, pop e R&B.
George Benson ed il suo talento precoce
George Washington Benson, nato a Pittsburg il 22 marzo del 1943, dimostra sin dall’adolescenza di essere un chitarrista di grande valore. Tra i suoi modelli, per sua stessa ammissione, non possiamo non citare i grandi Wes Montgomery e Charlie Christian. Già prima dei 20 anni è noto in città e non solo per la sua presenza stabile nella band di Jack McDuff, rinomato organista. Si racconta di un suo viaggio a New York in cui, ancora diciannovenne, viene additato come chitarrista promettente e rinomato dai tanti musicisti che incontra. In quella permanenza newyorkese spicca sicuramente l’aneddoto, raccontato dallo stesso Benson, dell’incontro con Pat Martino.
Benson avrà una folgorazione positiva per la stile del giovane collega Pat Martino, più giovane di appena un anno, e capisce bene di dover lavorare sodo per mantenere il giusto livello nella scena della Grande Mela. I due chitarristi hanno sicuramente dei tratti in comune.
The New Boss Guitar - 1964
Appena ventunenne, Benson stringe un accordo con John Hammond, impresario e talent scout che lo porta a firmare un contratto con la Prestige per il suo primo disco da leader.
Il titolo di questo lavoro è già carico di ambizione e dal taglio probabilmente provocatorio: The New Boss Guitar.
Siamo nel 1964. Appena nel 1963, infatti, la Verve pubblica il disco Boss Guitar dell’astro Wes Montgomery.
Sappiamo per certo che all’eta di 17 anni Benson abbia conosciuto Wes e sia rimasto sconvolto dalla grandezza di questo gigante della chitarra jazz.
Probabilmente un titolo del genere è stato pensato in termini commerciali e competitivi dalla squadra di produzione dell’album. La formazione che lo accompagna è The Brother Jack McDuff Quartet.
Il sound del disco è decisamente un misto di jazz e soul, strizzando l’occhio a tutto lo stile californiano e della West Coast. Come detto, l’analogia con Wes è imprescindibile.
Gli anni ’60 con la Columbia Records
Proseguendo la produzione discografica con un sound simile, carico di stupende vibes sessantiane, George Benson pubblica altri due dischi importanti in cui si avvale della collaborazione di un altro grande organista della scena jazz e soul: Lonnie Smith.
It’s Uptown - With The George Benson Quartet è un disco decisamente dal carattere più aggressivo e muscolare. In questo disco Benson mette in mostra le sue grandi capacità di fraseggio bebop unito alla bellezza del suo tocco blues.
La line up è composta da 9 elementi, che si alternano parzialmente nei brani.
Benson inizia anche a dar prove delle sua capacità vocali.
Dopo il brano di apertura Clockwise, un fast swing, Benson ci offre una interpretazione R&B di Summertime. Ricordiamo anche le versioni cantate di A Foggy Day e Stormy Weahter.
Nel 1966 esce anche The George Benson Cookbook.
Le esperienze ed il blues di George Benson
Da numerose interviste si evince come George Benson abbia creato e sviluppato il suo stile cercando sempre di assimilare consigli preziosi da collaboratori e, quando era ragazzona musicisti più esperimenti. Si dice che lui andasse letteralmente a caccia dei musicisti che passavano dalla sua città natale, nel periodo in cui lui suonava anche soul ed iniziava ad avvicinarsi alla chitarra jazz. Uno degli incontri più importanti fu quello con Thorsten Scwarchz, chitarrista di Jimmy Smith che lo spinse a credere nella via della chitarra jazz.
Tra gli altri anche Joe Diorio, incontrato a Chicago, e lo stesso Wes Montogomery che tuttavia, rispose negativamente alla richiesta di consigli: disse che ancora aveva lui stesso tanto da imparare. Una delle principali linee guida che Benson seguì, nacque da un’osservazione dell’organista McDuff:
Tutto ciò che suoniamo deve avere il blues. Il blues piace a tutti!
Breezin e la vittoria ai Grammy Awards
Nel 1976 avviene probabilmente la svolta nella carriera di George Benson: esce il disco Breezin’.
La produzione del disco è di Tommy LiPuma, noto per aver collaborato con tanti artisti come Miles Davis, Bill Evans e Diana Krall, solo per citarne alcuni.
Il disco ha un sapore decisamente pop ed infatti coglie l’incredibile risultato di vincere ai Grammy Award come Record Of The Year.
Le orchestrazioni sono firmate dal grande arrangiatore e compositore Claus Ogerman.
Tuttavia, ciò che consacra definitivamente Benson nella scena mondiale, staccandolo inoltre dalla similitudine con Wes, è il singolo del disco: This Masquerade.
Si tratta di un brano scritto nel 1972 da Leon Russell ma portato alle stelle dalla versione cantata di Benson in questo disco del 1976. Il brano è l’unica registrazione vocale dell’album e Benson dà per l’ennesima volta prova di straordinarie capacità vocali interpretative e nello scat.
Weekend in L.A. - On Broadway - 1978
Registrato live a Los Angeles durante ill tour di quell’anno, si tratta di un disco davvero importante da citare per diversi motivi: essendo un disco live si nota la forma vocale e strumentale di Benson durante i concerti; si tratta di un altro lavoro che porterà Benson al Grammy l’anno successivo.
Infatti nel disco è contenuta la celebre versione di On Broadway, brano dei The Drifters, che vince il primo di miglior voce maschile R&B ai Grammy Awards. Il brano in questione, divertente e carico di groove, è legato a doppio filo alla storia del cinema in quanto presente in 3 colonne sonore: Affari D’oro, American Beauty e All That Jazz, quest’ultimo vincitore di 4 oscar. Citiamo anche il brano The Greatest Love Of All, inserito nella soundtrack di The Greatest, film sulla vita di Muahmmad Ali. Tuttavia il brano fu portato al successo da una versione di Whitney Houston. Qui di seguito, potete ascoltare una versione più recente di On Broadway.
Give Me The Night -1980
Con una produzione ed una line-up stellare, nel 1980 la Warner Bros. fa uscire Give Me The Night di George Benson. Il disco è uno dei più famosi della carriera del chitarrista e lo accosta anche alla disco music ed al funk. Si sente tantissimo l’aderenza alla produzione discografica popoular quegli anni e la produzione è affidata ad uno dei produttori più geniali della storia della musica: Quincy Jones.
Ovviamente anche questa volta George Benson vince il Grammy, sempre come miglior voce maschile in ambito R&B con il brano Moody’s Mood, dal taglio canoro incline a scat e vocalese.
La formazione, come detto in precedenza, annovera musicisti importantissimi come Herbie Hanckook, George Duke, Lee Ritenour.
In questo disco, George Benson canta quasi tutti i brani ad eccezione di due strumentali.
Sono presenti anche altri due brani premiati al Grammy: Off Broadway e Dinorah Dinorah.
Big Boss Band - George Benson e Count Basie
Nel 1990, sempre per Warner Bros., esce il disco Big Boss Band in cui George Benson conferma tutto il suo amore per la tradizione del jazz e la grande ammirazione e stima per Count Basie. Benson era già tornato al sound più jazz con i dischi precedente Collaboration e Tenderly.
In passato, all’inizio degli anni ’80, Benson aveva già collaborato con l’orchestra del grande Basie: ricordiamo un famoso concerto alla Carnagie Hall.
Nel disco, nonostante ci siano sempre delle incursioni stampo pop, funk e disco, troviamo delle versioni meravigliose di Without a Song, Skylark e On Green Dolphin Street.
Ricordiamo il brano finale che è una chiara dedica di Benson a Count Basie: Basie’s Bag.
E’ un tema swing dal sapore antico, magistralmente orchestrato con tutta una serie double leads ed armonizzazioni tipiche. Ad un certo punto irrompe la chitarra super-jazz di Benson a dare il quid in più.
Il sodalizio con Ibanez
George Benson ha anche stretto una sodalizio lunghissimo con durante la sua carriera. L’Ibanez, famoso marchio giapponese di strumenti musicali deve molto all’immagine di George Benson. Già a partire dagli anni ’70 l’Ibanez si era lanciata nel mercato del jazz con la JP-20, ideata sullo stile di Joe Pass. Negli anni ’80 è il turno di chitarristi come Pat Metheny, Joe Scofield e lo stesso Benson.
La George Benson - GB10, che ha subito poi diverse modifiche e di cui sono state prodotte diverse varianti, è una chitarra dalla concezione antica ma con una elettronica adatta ad alti volumi e generi musicali traversali. Si tratta di una hollowbody con due humbuckers floating, cioè non incassati ma fissati al battipenna. l ponte in dotazione è in ebano e dunque garantisce un suono più acustico e legnoso. Anche dal punto di vista estetico lo strumento risulta un vero e proprio gioiello.
Un genio trasversale della chitarra moderna
George Benson ha attraversato vari generi musicali dal jazz tradizionale, marcatamente anche blues, fino a funk, soul, disco music e pop.
Per questa motivazione probabilmente nel corso della sua carriera non è sempre stato apprezzato da tutto il pubblico della chitarra jazz, ma senza dubbio è impossibile non tributargli il meritatissimo rispetto.
E’ ancora, dopo tanti anni, un punto di riferimento tecnico per quanto riguarda il fraseggio veloce e la plettrata. La sua impostazione parecchio personale, con il plettro angolato in modo opposto rispetto alla media dei chitarristi, gli conferisce un suono più compresso e preciso.
In definitiva, in un jazz che talvolta non sembra chiarire bene il messaggio che vuole lanciare, una personalità come quella di George Benson ha avuto l’importanza di avvicinare le masse alla chitarra jazz ed intrecciare ancora di più il ruolo del musicista jazz con la grade industria del pop mondiale.