Il 29 agosto 1976 si spegneva Jimmy Reed, autore raffinato e volto gentile del blues elettrico a cavallo tra '50 e 60'
Introduzione
Nel corso delle nostre Guitar Stories abbiamo più volte sottolineato l'importanza del blues e della sua evoluzione, come matrice principale della nascita della musica rock. Molti sono i grandi pionieri del settore che abbiamo avuto modo di citare in questa sede; un percorso che parte dal delta, percorrendo la scuola di Chicago e le sue implicazioni alla stesura del prototipo di rock and roll e arriva fino alla scena rock odierna. Il nostro viaggio tra i grandi del blues si arricchisce oggi di un personaggio nevralgico, capace di sviluppare uno stile pacato e soffice in grado di distinguerlo dagli altri padri. Oggi rendiamo omaggio a Jimmy Reed.
Jimmy Reed, armonicista, cantante e chitarrista del Chicago blues si spegneva in California il 29 agosto 1976. A segnare la sua esistenza, una vita dura ed una carriera sofferta; ai posteri il privilegio di scoprirne la grandezza e perpetrarne l'opera. Sebbene la musica di Reed sia sempre stata considerata scuola a sé, dotata di un "colore" straordinariamente personale, l'impatto del musicista sulla scena è enorme. Proprio il suo stile peculiare e le sue conclamate abilità gli permettono di essere annoverato tra i più grandi.
Jimmy Reed
Jimmy Reed è un altro ripudiato figlio del Mississippi, costretto a lasciare il delta in cerca di miglior fortuna. Approda a Chicago nel 1949, come molti altri bluesmen, desideroso di ritagliarsi un ruolo sulla scena che all'epoca stava per decollare. Proprio in quel periodo, infatti, Muddy Waters e la Chess Records iniziavano la rifondazione del blues e la scena urbana stava irreversibilmente iniziando il suo processo di elettrificazione. Non tutti i musicisti giunti in città abbracciarono subito questo rinnovamento.
Jimmy Reed, ad esempio, non mostra inizialmente interesse per questa nuova prospettiva stilistica. La sua intenzione è quella di proporre un blues leggero e squisitamente rurale, radicato nel delta. Grazie a questa indole mansueta, coadiuvato negli esordi dall'amico Eddie Taylor, sviluppa presto un sound educato che conquista un vasto pubblico, non solo di colore.
Jimmy Reed dunque inizia a far parlare di se nella scena di Chicago e colleziona amicizie importanti, come Albert King, che lo porteranno in auge, garantendogli un successo secondo solo a quello dei mostri sacri. A complicare la carriera di Reed, oltre alle tribolazioni personali e all'ingombrante concorrenza della scuderia Chess, la sua grave propensione all'alcol. Proprio a causa di questa autodistruttiva tendenza, Jimmy Reed muore giovane nel 1976, stroncando una carriera promettente, che sa tragicamente di incompiuta.
Lo stile di Reed
Pur essendo considerato uno dei protagonisti della scena elettrica di Chicago, lo stile di Jimmy Reed è ben lungi da quello dei suoi "chiassosi" contemporanei. Autore delle musiche, a cui la moglie forniva le liriche, Reed ha sempre sorpreso per la raffinatezza del suo approccio e per un timbro morbido, quasi timido. A questo si aggiunge una certa destrezza con l'armonica e con la chitarra, che lo completano come bluesman classico.
Difficile, certo, imporsi in un contesto musicale fervido come quello della Chicago a cavallo tra i fiveties e i sixties, ma Reed riesce a rimanere in sella grazie al suo sound e alla sua pacatezza, riuscendo negli anni a vendere moltissimi album.
Ascolto consigliato: Jimmy Reed- I'm Jimmy Reed (1958)
Questo album, il primo ufficiale di Jimmy Reed escludendo i singoli precedentemente pubblicati, contiene l'essenza del musicista. All'interno del disco si può apprezzare il suddetto particolarissimo stile di Reed: un sound raffinato, ancora visceralmente legato alla tradizione del delta, seppur in una tenue forma elettrica.
La voce sommessa e garbata, interrotta dall'armonica, è il marchio di fabbrica del Chicago blues, ma viene proposta in una forma discreta e mai ridondante. E' un prodotto 100% blues dunque, ma dove certo non mancano retrogusti country e gospel.
Le analogie con Muddy Waters e Little Walter non mancano, ma la sensazione è che tutto si svolga con leggerezza, senza trascendere in esagerazioni autoreferenziali.
I'm Jimmy Reed: il disco con cui il bluesman si presenta al grande pubblico è anche la sintesi del suo modo di fare musica, le cui caratteristiche principali si protrarranno nei lavori successivi.
In conclusione
Jimmy Reed è uno degli innumerevoli protagonisti del blues, discreto collega di molti nomi decisamente più altisonanti, ma non per questo meno prezioso alla declinazione classica del genere. Come abbiamo spesso potuto notare, a fare grande un bluesman è l'impatto che egli ha saputo esercitare sulle generazioni seguenti.
Sulla base di questi presupposti Reed rimane un gigante, seppur celato, della musica afroamericana, vantando illustri emulatori e seguaci tra i big del rock. Gente del calibro di Animals, Yardbirds e Stones lo considerarono da sempre anello di congiunzione tra rock e blues.
Sebbene spesso oscurato dagli ingombranti "colleghi" del Chicago style e considerato un ascolto per intenditori, Reed ha saputo ritagliarsi un posto privilegiato nell'Olimpo del blues.
Complice una vita non facile e costanti alti e bassi personali, la carriera di questo gentiluomo del blues elettrico non ha mai raggiunto i fasti degli alti protagonisti della "Wind City Scene". Ciò nonostante Jimmy Reed resta una gemma per chiunque voglia scavare nella storia del blues, deviando dai soliti nomi convenzionali.