Mettiamo il punto su una serie di concetti di base riguardanti la distanza tra le note. I gradi congiunti e disgiunti, il tono e il semitono, le alterazioni ed altre nozioni che ci torneranno molto utili quando passeremo allo studio degli intervalli e ad altri argomenti di armonia.
Le cose da sapere prima di studiare gli intervalli
Gli intervalli sono l’argomento che tratta della distanza tra le note, un argomento che abbiamo approfondito in un articolo dedicato. Prima di affrontare uno degli temi fondamentali riguardante l'armonia musicale è bene essere sicuri di conoscere alcune nozioni di base, a volte date erroneamente per scontate.
Il tono e il semitono
Nel nostro sistema musicale il semitono (detto anche mezzo tono) è la distanza minima tra due note. La distanza di due semitoni viene chiamata tono. Per capire questa differenza facciamoci guidare dalla scala maggiore di DO.
Queste note non sono tutte alla stessa distanza, per chiarirci le idee può essere utile pensare al pianoforte. Nell’immagine che segue vedete le note della scala maggiore di DO su una tastiera. Questo modulo si ripete più volte lungo l’estensione del pianoforte. Alcuni tasti bianchi sono intervallati da uno nero, altri no.
Possiamo notare che tra le note MI-FA e SI-DO non è presente nessun altro tasto, queste note infatti sono a un semitono di distanza. Tra le tutte le altre note (DO-RE, RE-MI, FA-SOL, SOL-LA, LA-SI) c’è un tasto nero. Queste note sono a distanza di un tono.
Le note di una scala vengono chiamati anche gradi. Con questo termine si intende indicare la posizione delle note in una scala. Per esempio la nota DO è il primo grado della scala maggiore di DO, RE è il secondo grado, ecc. Due note consequenziali della scala vengono chiamate gradi congiunti. Se invece passiamo da un DO a un MI, parliamo di gradi disgiunti. Di conseguenza possiamo dire che una scala maggiore è formata da gradi congiunti che si muovono per tono o semitono.
Le alterazioni
Abbiamo visto che i suoni posti sui tasti neri sono collocati tra due tasti bianchi. Queste note possono essere denominate in più modi, in base a varie regole, aggiungendo ai sette nomi delle note dei simboli chiamati alterazioni (o accidenti) che ne cambiano l’altezza. Le prime alterazioni che vediamo sono:
- Il diesis (#), che alza la nota di un semitono
- Il bemolle (b), che abbassa la nota di un semitono
Per esempio la nota che sta sul tasto nero presente tra il DO e il RE può essere chiamata DO diesis o RE bemolle (chiariremo dopo il punto di avere più nomi per la stessa nota). Vediamo i simboli sul pentagramma, tenendo conto che sul rigo musicale l’alterazione viene scritta prima della nota.
Le alterazioni possono essere fisse - dette anche costanti o permanenti - se sono poste accanto alla chiave all’inizio del rigo, in questo caso infatti vengono anche dette alterazioni in chiave. L’insieme delle alterazioni in chiave viene anche denominato armatura di chiave. Le alterazioni fisse avranno effetto su tutte le note con quel nome nel brano musicale.
Quando invece un’alterazione compare lungo il brano si dice transitoria o momentanea e produce il suo effetto solo per la battuta in cui si trova e per l'ottava a cui si riferisce.
Il bequadro è il simbolo che elimina l’effetto delle alterazioni, sia quelle in chiave che temporanee, ed ha effetto solo per la battuta in cui si trova.
Esistono anche i doppi diesis e i doppi bemolle, che alterano l’altezza della nota di un tono.
A questo punto risulta evidente che la stessa nota può essere chiamate in più modi. Per esempio il suono del DO doppio diesis sarà equivalente a quello del RE naturale, così come il FA bemolle corrisponderà al MI naturale, o SOL diesis suonerà come LA bemolle. Tutti questi casi sono esempi di note enarmoniche. I suoni enarmonici sono suoni di uguale altezza con nome diverso. La scelta dei nomi dipende per lo più da regole legate alla tonalità.
Esistono anche le alterazioni precauzionali o di cortesia. Sono alterazioni non obbligatorie, poste sul pentagramma per aiutare l’esecutore nel “colpo d’occhio” durante la lettura. Vengono scritte solitamente tra parentesi.
Scala diatonica e scala cromatica
Rivediamo la tastiera con le possibili denominazioni di tutte le note, includendo quelle collocate sui tasti neri.
Suonando tutte le note, cioè sia quelle sui tasti bianchi che sui tasti neri, otteniamo la scala cromatica, costituita dalla successione di dodici suoni a distanza di un semitono. Per scriverla sul pentagramma useremo i diesis nella sua parte ascendente e i bemolle nella sua parte discendente.
(Nota per i chitarristi: se volete praticare la scala cromatica sullo strumento potete andare all’articolo dedicato cliccando qui.)
Il sistema musicale temperato utilizzato nel mondo occidentale si basa sulla divisione di un ottava in dodici note equidistanti. La già citata scala maggiore di DO è divisa in sette note di distanza variabile. Quest’ultima è un esempio di scala diatonica, cioè una scala con sette note consecutive disposte ad una certa distanza l’una dall’altra. Nella scala cromatica invece i nomi delle note si ripetono, utilizzando le dovute alterazioni.
In questo senso si parla anche di semitoni diatonici, quando le due note hanno nomi differenti, per esempio MI e FA, o semitoni cromatici, quando hanno lo stesso nome, come per esempio DO e DO#.
Bene, a questo punto le nozioni di base per quanto riguarda la distanza tra le note dovrebbero essere un pò più chiare.
Buono studio e alla prossima!